Depenalizzazione della cannabis ma soltanto per ricerca e cura
La Legge delega approvata dal Governo in questi giorni riguarda solo e esclusivamente le violazioni commesse da enti già autorizzati alla produzione di marijuana a scopo terapeutico
Ogni volta che in Italia si affronta il tema della cannabis, si rischia di fare confusione. Eppure, almeno nel caso del provvedimento appena approvato dal Governo, la questione è chiara: non c’è stata nessuna depenalizzazione sulla coltivazione ad uso personale della marijuana. L’unica modifica prevista a proposito della coltivazione di sostanze stupefacenti riguarda solo ed esclusivamente le violazioni commesse da istituti universitari e laboratori pubblici di ricerca che hanno ottenuto l’autorizzazione ministeriale alla coltivazione per scopi scientifici, sperimentali o didattici.
In breve, se questi istituti autorizzati dal Ministero, non osserveranno le prescrizioni e le garanzie cui l’autorizzazione è subordinata, non incorreranno più in sanzioni penali ma solo amministrative (pecuniarie).
Che cosa chiede la Legge delega e che cosa dice il Testo Unico
Con la Legge delega 67 del 2014, il Parlamento ha chiesto al Governo di agire per trasformare in illeciti amministrativi le contravvenzioni punite con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda per una serie di disposizioni di legge, tra cui l’articolo 28 comma 2 del Dpr 309/90 che è il Testo Unico sugli stupefacenti. L’articolo 28 recita : «Chiunque, senza essere autorizzato, coltiva le piante indicate nell’articolo 26, è assoggettato alle sanzioni penali ed amministrative stabilite per la fabbricazione illecita delle sostanze stesse» E al comma 2: «Chiunque non osserva le prescrizioni e le garanzie cui l’autorizzazione è subordinata, è punito, salvo che il fatto costituisca reato più grave, con l’arresto sino ad un anno o con l’ammenda da lire un milione a lire quattro milioni».
Quali sono le piante di cui parla l’articolo 26? Quelle comprese nelle tabelle (Ie II) dell’articolo 14 del Testo unico sugli stupefacenti, tra cui anche la cannabis «ad eccezione della canapa coltivata esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali». Il secondo comma dell’articolo 26 poi specifica:«Il Ministro della sanità può autorizzare istituti universitari e laboratori pubblici aventi fini istituzionali di ricerca, alla coltivazione delle piante sopra indicate per scopi scientifici, sperimentali o didattici».
Ora, l’articolo 28 del Testo Unico sugli stupefacenti punisce con 1 anno di reclusione (commutabile in un’ammenda da 1 a 4 milioni di euro) chi non osserva le prescrizioni e le garanzie a cui l’autorizzazione è subordinata, ma fra i soggetti che hanno già l’autorizzazione a coltivare appunto. Dopo l’avvio del progetto sperimentale sulla produzione della cannabis a scopo terapeutico nello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, dunque, era necessario armonizzare la normativa. Altrimenti, a termini di legge , anche gli uomini con le stellette che stanno lavorando alla coltivazione della «marijuana di Stato» paradossalmente avrebbero rischiato la galera o addirittura di dover pagare qualche milione al proprio datore di lavoro pubblico nel caso fossero incorsi in qualche errore ad esempio sulle quantità prodotte , le modalità di conservazione o di importazione.
Le conferme del ministro Lorenzin
D’altro canto, lo ha ribadito il ministero della Salute: «Non c’è nessuna depenalizzazione della cannabis, abbiamo già autorizzato la produzione a uso terapeutico — ha ribadito il ministro Beatrice Lorenzin — . L’ho fatto io lo scorso anno, mentre in questo Consiglio dei ministri si sono soltanto depenalizzate alcune prescrizioni, nel senso che l’impianto che produce la cannabis (come l’Istituto farmaceutico militare) a titolo terapeutico ha un processo autorizzatorio. Se ci sono delle violazioni, alla prima scatta un’ammenda amministrativa molto pesante, e se non si ripristina la corretta procedura viene revocata l’autorizzazione». E ha aggiunto: «Da qui a parlare di depenalizzazione , penso ci sia un doppio salto mortale con avvitamento. Forse era un desiderata di alcuni. Come sapete la mia posizione generale sulla depenalizzazione della droghe è contraria, ma qui stiamo parlando di altro, cioè di procedure in impianti autorizzati per legge in cui ci sono questioni tecniche che hanno una procedura interna e l’aspetto penale sarebbe stato anche d’intralcio». Per Lorenzin, «meglio essere rigorosi subito e far pagare un’ammenda pesante e se non viene ripristinata la corretta procedura l’autorizzazione viene revocata e l’impianto chiuso. Tra l’altro, gli impianti sono pochissimi e pubblici, con una grande sorveglianza su questa linea di produzione».
di Ruggiero Corcella
15 gennaio 2016 © RIPRODUZIONE RISERVATA